Da Geridu riaffiorano nuove vestigia

Nel villaggio medievale alle porte di Sorso, gli scavi della campagna 2025 riportano alla luce i resti della villa giudicale, della chiesa di epoca precedente a quella gotico catalana già nota, e ceramiche provenienti dalla Sicilia o dalla Tunisia
Data:

30/05/2025

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© Comune di Sorso - Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

Descrizione

Si avviano a conclusione in questi giorni i lavori della prima campagna di scavo 2025 nel villaggio medievale alle porte della città di Sorso, realizzati grazie a un accordo di collaborazione sottoscritto dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro, l’Università di Sassari (Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione) e il Comune di​Sorso.

Ed è un vero e proprio tuffo nel Medioevo quello che si vive oggi nell’area di scavo, fra i resti delle case incendiate attorno al 1350 e con la scoperta di parti sepolte di abitazioni ancora più antiche, risalenti al 1200 e tracce di vita che riportano addirittura al 1000 e al 1100.

I risultati degli scavi sono stati presentati questa mattina proprio nell’area archeologica di Geridu dal professor Marco Milanese, Ordinario di Archeologia dell’Università di Sassari, alla presenza della Soprintendente per Sassari e Nuoro, architetto Isabella Fera, dell’archeologa Gabriella Gasperetti, e del sindaco di Sorso Fabrizio Demelas.

Nel presentare l’esito delle più recenti indagini di scavo, condotte tra il 2024 e maggio 2025, il professor Milanese ha ricordato come Geridu rappresenti oggi il sito archeologico medievale della Sardegna maggiormente sottoposto a indagini stratigrafiche e il sito più noto dell’archeologia medievale sarda, sia a livello nazionale che internazionale. 

​“Tra le numerose novità portati in luce dagli scavi tra i resti delle case del villaggio - ha spiegato - anche ceramiche provenienti dalla Sicilia o dalla Tunisia, databili tra il 1000 e il 1100, che dimostrano come già all’alba del Medioevo la comunità di Geridu avesse una disponibilità economica che consentiva di acquistare quelle stesse merci esotiche che usava l’aristocrazia mercantile di Pisa, di Genova e che decoravano con i loro vivaci colori le facciate delle chiese romaniche di vaste aree del Mediterraneo Occidentale”.

Per la prima volta dopo anni di ricerche è stata portata in luce la villa giudicale di Geridu, dopo una lunga fase di lavoro sul villaggio nella fase trecentesca, in cui gli abitanti erano soggetti a doveri nei confronti della feudalità catalano-aragonese. E ancora, indagando nell’area della chiesa parrocchiale di Geridu dedicata a Sant’Andrìa, costruita attorno al 1330 in stile gotico-catalano, la scoperta davvero eccezionale, nei resti del cantiere della nuova e monumentale chiesa, di parti della chiesa romanica di XI secolo del villaggio di epoca giudicale.  

Un’incredibile testimonianza materiale che la feudalità aragonese intese imprimere alla comunità di Geridu (il villaggio contava oltre 1500 abitanti al momento dell’invasione aragonese della Sardegna), sostituendo l’antico edificio romanico di epoca giudicale con il nuovo monumento nello stile dei dominatori.

 

Le parole

 “Geridu si conferma ancora come luogo dalle eccezionali potenzialità per leggere e raccontare le condizioni di vita anche prospere delle comunità che abitavano le campagne sarde almeno dal Mille fino al Trecento - sottolinea il professor Marco Milanese - e le successive difficoltà che negli ultimi decenni di quel secolo portarono al definitivo abbandono di luoghi, come Geridu, incapaci di sopravvivere al nuovo assetto fiscale imposto dalla feudalità iberica.

Da anni questo sito è al centro di un progetto di rilettura innovativa e sperimentale del Medioevo rurale della Sardegna, a partire dall’archeologia e con uno sguardo attento alla valorizzazione e alla comunicazione per il pubblico, come dimostra il museo ad esso collegato (Museo Biddas ospitato nel Palazzo Baronale di Sorso), premiato nel 2013 come miglior museo italiano per l’innovazione e la comunicazione in ambito medievale. Il sito di Geridu, pur in una condizione di conservazione particolarmente felice e per un’importante estensione spaziale, rappresenta oltre a se stesso, una popolazione di centinaia di siti simili presenti in Sardegna e oggi è un laboratorio conclamato per la costruzione di un modello generale di Medioevo rurale sardo letto archeologicamente, capace di ribaltare stereotipi e paradigmi sulla presunta povertà della vita nelle campagne della Sardegna durante il Medioevo. L'auspicio è di poter proseguire le ricerche, e confidiamo nel sostegno anche della Regione per poter portare avanti un lavoro davvero importante”.

“Geridu continua a parlarci attraverso i secoli, raccontandoci storie di prosperità, scambi commerciali, trasformazioni politiche e sociali, e rappresenta una importante pagina di storia che arricchisce la conoscenza del nostro passato - ha aggiunto il sindaco Fabrizio Demelas -. Sappiamo che questo è un sito paradigmatico per la storia del Medioevo di tutta l’Isola e alla luce delle varie campagne di scavo portate avanti anche grazie alla collaborazione tra Soprintendenza, Università di Sassari e Amministrazione comunale, è emerso ormai chiaramente il suo valore di rilevanza regionale.

Desidero ringraziare tutti i miei collaboratori, gli studenti, i tecnici e le istituzioni che hanno reso possibile questa campagna di scavo. Un ringraziamento particolare va alla Soprintendente Isabella Fera, all'archeologa Gabriella Gasperetti, a Prof. Marco Milanese, al quale devo anche mia formazione sulla materia dai tempi dell’Università, e attraverso di lui al dipartimento di storia dell’Università di Sassari.

Come parte attiva del processo, l’Amministrazione comunale riserva grande attenzione al ricco patrimonio archeologico di questo territorio molto frequentato in passato nelle varie fasi storiche, e che ancora merita di essere valorizzato. Da sempre, per queste ragioni, profondiamo il nostro impegno e a breve partiranno dei lavori che nei prossimi mesi consentiranno di realizzare un nuovo progetto di valorizzazione, miglioramento dell’accessibilità, della fruibilità e della salvaguardia non solo del sito di Geridu ma anche della Villa romana di Santa Filitica e del Pozzo Sacro nuragico di Serra Niedda, perché questo grande patrimonio sia messo a regime anche dal punto di vista turistico”.

“A partire da metà degli anni Novanta il rapporto sistematico tra Soprintendenza, Università di Sassari e Comune di Sorso, ha consentito di portare avanti le indagini e di condividere la documentazione - ha sottolineato la Soprintendente per Sassari e Nuoro Isabella Fera - ma anche di fare del sito un campo importante per l’apprendimento e la formazione degli archeologi, degli studenti laureandi e dottorandi dell’Università. L’accordo è stato rinnovato nel 2023 proprio per formalizzare l’importanza di questa attività congiunta, che è funzionale al futuro sviluppo e alla futura valorizzazione del sito”.

“Questo grande lavoro ha prodotto anche delle fondamentali ipotesi interpretative su quello che non si vede sul campo, con la ricostruzione, sempre più ricca di dettagli, della vita del villaggio e con importanti informazioni confluite poi nell’allestimento del Museo Biddas, ospitato al Palazzo Baronale di Sorso - ha detto l’archeologa Gabriella Gasperetti, funzionaria della Soprintendenza - Si tratta di un museo didattico che si incentra su Geridu ma racconta quello che sono i villaggi abbandonati in tutta la Sardegna”.

Ultimo aggiornamento

Ultimo aggiornamento: 30/05/2025 10:08

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